Su e giù per i clivi di Pola – Silvio Mazzaroli - foto

- foto Tempo fa, scorrendo le pagine di vecchie “Arene” alla ricerca di ispirazione, mi sono imbattuto, sul n. 584 del 15 nov. 1947, nell'articolo di Steno Califfi dal titolo “I clivi di Pola”, un vero e proprio atto d'amore per la nostra cara e vecia Pola. E' stato come sostare davanti ad un meraviglioso affresco di un angolo - o meglio del cuore - della nostra Città. I clivi, sono le vie più vecchie e più belle di Pola. A mo' di raggi, incentrati sul Castello, collegano, a partire da Piazza di Port'Aurea a Largo San Giovanni, le basse via Sergia (il Corso) e via Pietro Kandler con l'alta via Castropola. L'Autore li definisce “corridoi di pietra” ed, in effetti, l'elemento che più li caratterizza è la pietra: “Pietra sul lastricato, pietra sulle facciate delle case, pietra sui muri degli orti e dei cortili. Quelle belle pietre istriane che si arrotondano appena appena ai bordi, diventando ogni giorno più bianche, legate tra loro da un po' di terriccio che solo si intravede fra gli interstizi. Sempre pulite: sotto la pioggia che vi scivola e vi scorre sopra senza posa e senza riposo; sotto il sole che vi rimbalza e riflette tutt'intorno rendendole più bianche e più belle; sotto le nubi che le ingrigiscono quasi a somiglianza degli uomini accigliati dallo scirocco. Quelle care pietre, sbozzate dagli uomini e arrotondate dagli anni, sono nel cuore di tutti gli esuli che le ricordano come creature di un piccolo mondo che fu di essi e soltanto di essi”. Così li ricorda Steno Califfi. Clivo Grion (oggi Clivo Santo Stefano).- E' clivo solo a metà, perché è troppo sfacciatamente aperto alla curiosità di tutti. Ma da poco tempo, da quando cioè sono state messe allo scoperto le vecchie mura, è diventato superbo. La gente sussurrava, emozionata e riverente:«Il clivo Grion è costruito sulle vecchie mura romane !? Chi l'avrebbe mai detto! ». Ma bisogna arrivare al Castello. E' questa la meta di tutti i clivi, la ragione ultima della loro esistenza plurisecolare. Ed allora clivo Grion si raccorda tosto con Clivo Santo Stefano (oggi Clivo al Castello), reso ridente dagli alberi del giardino di villa Rodinis. E' lì che incomincia via Castropola. Clivo dei Capitani (oggi Clivo Franjo Glavinic). E' il primo del “corso”. Semplice, diritto ed affilato dopo una rampa di scalini. Poche case lo affiancano, solo all'inizio ed alla fine. Clivo dei Gionatasi (oggi Clivo Juraj Cvecic). E' buio all'inizio, ma più in alto, quando incomincia a costeggiare il retro del Convento dei Sacri Cuori, diventa pieno di luce e le sue rampe, alternate a brevi tratti di scalini, riescono anche meno dure. E' pieno di piccole casette, piccole come tanti favi di un grosso alveare. Clivo dei Bonassi (oggi Clivo Antoine de Ville). E' forse il più vivace. E' sempre inondato dalla luce che gli proviene dalla via Minerva, che ne è il prolungamento verso l'Arsenale. E' un clivo gaio, pieno di vita, con belle casette che hanno i portoni anche sulle solite rampe di gradini. Solo verso l'alto l'atmosfera si fa più silenziosa e pacata. C'è la Chiesa dei Sacri Cuori che non si affaccia direttamente sul clivo, quasi mossa da pudore, come le buone suore che la curano e ne fanno un tempio lindo ed accogliente. Clivo delle Laste (oggi Clivo Vincenzo da Castua). E' buio, brutto, contornato da povere case e da muri a secco. Ma tutto si fa perdonare per un suo glorioso primato: è la strada più vecchia di Pola medievale. Nulla è stato toccato del suo lastricato. Le sue pietre lunghe e strette, le “laste”, sono disposte con cura e pazienza. Allineate con arte se ne stanno li da secoli, come tanti scolaretti attenti ad una lezione che dura da tanto. La salita è dolce nella sua dolce curva: i gradini lunghi e bassi non si sentono. Solo alla fine una rampa di ripidi gradini rompe quell'ascesa per nulla monotona. Tanta erbaccia cresce su quella rampa ed i suoi fili lunghi e prepotenti spuntano dalle pietre dei muri degli orti. Gli uomini hanno abbandonato quella via, ma essa non si avvilisce. E' abituata alla solitudine, come tutti i vecchi. Si è ammalata di erbaccia ed ora aspetta di guarire nuovamente. Clivo San Francesco (oggi conserva il nome). E' il clivo dell'umiltà e della serenità. Alla mattina presto vi si vedevano tante piccole schiene curve, coperte da scialli neri. Salivano frettolose, nonostante l'erta, verso la Chiesa. Giravano rapide a sinistra e sembravano essere inghiottite dal muro alto e nudo del severo tempio di San Francesco, rotto soltanto da un piccolo pergamo con una piccola porticina che contrasta stranamente con le tre lunghe e sottili finestre. Quanta serenità in quel caro vicolo! Con quanta facilità si compivano gli ultimi suoi metri anche se il fiato era grosso ed il passo rallentato! Era un vicolo che poteva ben essere degno del passo di San Francesco. Clivo Capitolino (oggi Clivo Stjepan Konzul Istranin). Tutti i clivi portavano al Castello, ma questo era il più nobile, portava direttamente dal porto al Campidoglio. Da ciò il suo nome. Dopo una strozzatura iniziale si allarga di molto e sale dolcemente a “laste” su su sino al Castello, costeggiato da casette linde e pulite a sinistra e da un lungo muro a destra che protegge gli orti del Convento di san Francesco. Da esso, attraverso gli alberi del convento, si scorge la snellezza della torre campanaria del tempio di San Francesco e s'ode la lieve campanula che invita i frati al pasto, alla messa, al sonno e, con essi, gli abitanti del clivo. Clivo Crispo (oggi Vicolo Paolo Diacono). E' il secondo clivo della via Kandler, vale a dire del porto. Questo poco conosciuto vicoletto, che congiunge via Kandler col clivo Capitolino, è bello come pochi. E' breve, di una trentina di metri, ma quanto movimento in esso, quanta bella e vivace improvvisazione! Clivo San Rocco (oggi conserva il nome). Il clivo dei pescatori. Nei cortili delle case si scorgono le “batane”. E' sconosciuto ai più. Tormentato da cento muri cadenti e sgretolati, da casette povere e miseramente arredate, da ripidissime rampe di gradini, per terminare in una strozzatura che pare togliere il respiro. Clivo Rasparagano (oggi conserva il nome). E' l'ultimo ed il più breve di tutti, ma anche il più ripido. Tutto rampe di gradini altissimi e di brevi ripiani. Questo vivacissimo movimento di masse non lo fa sembrare tanto retto e lineare come in effetti è. Case alte e strette gli si affastellano intorno reggendosi l'una all'altra e sembra che fatichino a stare ritte su quegli alti scalini e che si sforzino per far rispettare l'equilibrio. Dalla sua fine via Castropola degrada rapidamente, finendo in Piazza San Giovanni. La lettura dell'articolo, che contiene anche altri bellissimi passaggi, mi aveva affascinato per la poesia che lo pervade e mi aveva fatto ripromettere, alla prima occasione, di andare alla riscoperta dei vecchi vicoli. L'ho fatto a luglio di quest'anno, guidato dalla predetta mirabile descrizione, con l'intento, altresì, ritrovare anche il C l i v o d e l l a Madonn i n a , non citato dall'articolo, ma di cui parlava, nel suo articolo su Vergarolla pubblicato su “L'Arena” di l u g l i o , Cristina S o r g o Mignone. Li ho percorsi tutti, alcuni in salita altri in discesa, respirando la stessa atmosfera e provando le stesse emozioni datemi dalle parole dell'Autore. Non è cambiato molto. Direi, anzi, che le cose sono rimaste sostanzialmente immutate da oltre mezzo secolo. SEGUE A PAGINA 12

Dal numero 3264

del 30/08/2005

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