La grande guerra per giorno Si chiude l'anno 1915: i conoscenti morti - foto

XXXVII Si chiude l'anno 1915 (quello dei primi sette mesi di guerra) per il nostro autore con una lettera del 26 dicembre al fratello Michele e del 27 al cugino Giovanni Pussig. Al fratello a Graz, Keplerstrasse 36, scrive: «Purtroppo avete ragione di allarmarvi, preoccuparvi e stare in pensiero sul conto nostro stando alle condizioni in cui ci troviamo; viviamo con la speranza che quest'inverno non ci toccherà nulla di sinistro; in primavera sarà poi più facile il beguncare. Fra i morti in seguito alle granate ci sono questi nostri conoscenti: Domenico Culot (già in ferramenta) ucciso nell'ospedale della Croce rossa in villa Btickmann; Antonio Sbogar ucciso in via San Pietro; Giovanni Lutman, oste, ferito in casa sua e morto nell'ospitale; Giuseppe Culot, major, seppellito tra le macerie della sua casa che non esiste più. Dalla signora Schneider non ricevetti nulla; lo stabile principale in Corso n. é è tuttora intatto, fuorché per quel proiettile che esplose quand'eri ancora tu a Gorizia; non così quello in via Cesare Lombroso, ora via Leoni, il quale è fortemente danneggiato per l'esplosione di tre granate di grande calibro; su quello di via Rastello non cadde nulla fino all'altra notte, allorché per le moltissime esplosioni nelle vicinanze l'acqua piovana entra e danneggia gli inquilini ed anche le stoffe del Louvier. In corso Francesco Giuseppe 64 ho trovato chiuso; mi sono informato con i vicini i quali m'hanno informato che non ci sono danni gravi, fuorché qualche piccolo nell'interno. La tua casa è ancora intatta; non così la stalla e la conserva sul confine verso il Corso che sono distrutte. Materiale di queste giace anche nel tuo cortile-orto. Ieri m'informai riguardo agli interessi della tua cognata Giovannina; essendo lui richiamato al servizio militare, parlai con la di lui moglie (biela femina) ed ebbi in risposta che quanto prima s'informerà presso il marito per sapere come stanno le cose e poi farà il suo dovere. Con dispiacere ho appreso la notizia della morte della signora Bolk, suocera del nostro cugino Piero. I Visini e l'Udovich sono a Leibnitz in baracca. Le case del Federico, di Giuseppe Visin, dell'Udovich, sorella Ursula e Susmel sono abbastanza danneggiate e fanno acqua. Il Franz è sempre saldo a dormirvi dentro; una volta fu anche ferito; travasando il vino, una scheggia di granata penetrò in cantina e perforò anche una botticella. Contraccambiamo gli auguri per le feste e l'anno nuovo». Al cugino a Pola, via Kandler 76, viene precisato che «se non ci fosse la censura, si potrebbero dire cose da far rizzare i capelli anche ai calvi su quello che i birbanti hanno fatto della nostra amata Gorizia; pazienza ed è meglio che ci sia la censura». E poi l'assicurazione che «mio figlio Mario ha già trovato la tua abitazione, ma in una sera in cui non aveva più che poco tempo. Ma verrà in un'altra occasione. Contraccambiamo gli auguri per l'anno novello, salutandovi in coro». Si chiude così il copialettere per l'anno 1915. Un goriziano, esattore delle imposte dell'imperialregio governo austro-ungarico, vede sconvolta la sua vita metodica e tranquilla di funzionario statale dallo scoppio della Grande Guerra. Figlio di agricoltori in via Lunga, e dedito lui stesso al lavoro della terra negli anni giovanili, si è costruita con tenace perseveranza una condizione di vita più agiata entro l'ordinato sistema dell'amministrazione austriaca. Si è formata la propria famiglia e si è impegnato a preparare per i figli un'esistenza confortevole almeno quanto la sua. Il dramma di Sarajevo interrompe il corso di queste sue speranze ed il figlio Tunin, ventiduenne viene chiamato alle armi e mandato al fronte dell'Est dove viene ferito e poi fatto prigioniero dai Russi. L'altro figlio Mario diciottenne va pure alle armi e infine passa in marina a Pola. La famiglia si disunisce in un conflitto che distrugge un'epoca. Il papà-funzionario avvia allora una fitta corrispondenza di cui tiene nota in una serie di quaderni in cui riscrive le missive cui affida con immenso amore l'ansia di tenere viva la perduta unità familiare. Un copia-lettere in cui rivive giorno per giorno la grande guerra a Gorizia. Didascalia:La stazione ferroviaria a S. Lucia di Tolmino

Dal numero 2199

del 18/07/1981

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