Giorgio Oberweger, il campione, il maestro - Ferruccio Calegari - foto

Lo scor so agosto , in occasione delle Olimpiadi di Atene, il Piccolo pubblicò un ricordo di Giorgio Oberweger, dal titolo “Oberweger, un bronzo che valeva oro”, rinnovando a 68 anni dalle Olimpiadi di Berlino il ricordo della sua eccezionale impresa nel lancio del disco. Anagraficamente era nato a Trieste (22 dicembre 1913, e morì a Roma il 14 ottobre 1998), ma lui si è considerato sempre di Parenzo e tale appare nel libro che su di lui ha scritto Augusto Frasca (“Mitico Oberweger”), che prima della sua morte stava collaborando con lui alla realizzazione di un libro di memorie, che non ebbe il tempo di firmare. Julia Parentium è il titolo del primo capitolo, in cui vengono tratteggiati gli ultimi periodi della sua vita, nel ricordo delle sue ascendenze. I suoi primi sprazzi nell’atletica furono registrati nel 1931 con l’affermazione a Bologna nel Gran Premio dei Giovani, dove partecipò alle gare di pentathlon con i colori della Giovinezza Trieste. Ma già prima la madre, Elena Codan, di Abrega (il padre, Georg, militare austriaco di Meinitz in Stiria, era scomparso durante la prima guerra mondiale) lo incoraggiò a intraprendere l’attività sportiva e il suo primo approccio fu col canottaggio, alla Canottieri Adria di Trieste. Nell’atletica fu un autodidatta e iniziò a cimentarsi sulla pista in carbonella da 300 m. della Ginnastica, alternando marcia, corse veloci, salto in lungo e salto in alto. I suoi orizzonti si aprirono anche a nuoto, sci, motociclismo, ciclismo e più tardi all’aviazione (fu anche valoroso pilota da caccia durante la guerra). N el 1931 esplorò anche il misterioso mondo dei lanci e cominciò a dedicarsi con particolare impegno al lancio del disco, intraprendendo quella importante carriera che l’avrebbe portato dopo 5 anni sul podio olimpico di Berlino. Nel 1938 con m. 51,49 fissò il nuovo primato italiano, che rimase imbattuto sino al 1941 quando il nuovo astro Adolfo Consolini scagliò l’attrezzo a m. 53,34. Era un atleta eclettico, assettato di conoscere (tra l’altro conosceva a memoria anche la Divina Commedia), e nel mondo dell’atletica non era mistero il suo interessamento anche agli altri settori e ad una riunione a Firenze nel 1938 fu autorizzato a gareggiare nei 110 ostacoli, battendo a sorpresa il primato italiano. Oberweger non era il semplice “operaio” che esegue, ma era uno studioso che approfondiva ogni particolare dei movimenti, sia in pista che in pedana. E studiava innovazioni tecniche, che non tratteneva per se, ma illustrava anche agli altri, all’epoca sui maggiori quotidiani sportivi di cui era divenuto collaboratore e poi, nel dopoguerra, quale commissario tecnico della F.I.D.A.L. e poi quale docente e direttore tecnico della Scuola dello Sport del Coni all’Acqua Acetosa, a Roma ed i suoi manuali fecero testo anche in campo internazionale. Si era laureato in legge all’Università di Bologna, ma per temperamento era un ricercatore, un tecnico, che avrebbe potuto primeggiare in qualsiasi campo. Tra l’altro aveva brevettato anche un antifurto elettronico per l’auto, dopo esserne stato più volte derubato. Giorgio Oberweger conseguì nel 1938 il brevetto di pilota civile di primo grado e successivamente vinse il concorso per l’Aeronautica Militare. Divenne pilota da caccia, volando prima sui CR.42 e poi sul più moderno G.50. Nel periodo fino all’ 8 settembre 1943 operò in quattro grandi settori: Mediterraneo, Mare del Nord, Canale della Manica e territorio britannico, Africa settentrionale. Tre decorazioni al valor militare: una medaglia d’argento e due croci di guerra. E cinque mesi prima di morire, dopo oltre 50 anni dai fatti di guerra, gli pervenne con “tassa postale a carico del destinatario” la nomina a Ten. Colonnello Ruolo d’Onore. Il ricordo della sua intensa vita richiederebbe ben più spazio che un fascicolo del giornale, ma senza eccedere, anche per rimanere nel solco della sua semplicità di considerare e trattare i fatti, gli avvenimenti che per tanti anni lo hanno visto protagonista, penso che anche una nota così stringata lo rincuorerà se da lassù riuscirà a rendersi conto che non è dimenticato.

Dal numero 3254

del 31/10/2004

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