ARCIPRETE A PEDENA Le memorie di mons. Rensi - foto

Mons. Pietro Sensi, nato a Trento nel 1875 e morto nella stessa città il 6 marzo 1967, ha pubblicato nel 1960 (a 85 anni dunque) un volumetto (Tipografia Artigianelli di Trento) con le sue memorie 'siriane di parroco di Pedena. Sono comprensibili pertanto alcuni errati riferimenti cronologi', su avvenimenti vissuti nel più tormentato periodo della storia istriana. Si tenga presente anche che mons. Rensi aveva 68 anni quando ebbero int. zio le tragiche peripezie dell'Istria nell'autunno del 1943. Perciò taluni salvataggi fortunosi, cui si fa cenno spesso nel racconto, vanno rapportati all'età del sacerdote. E cosi pure talune sue ingenuità nell'affrontare rischi incalcolabili. Il documento è di grande interesse umano e politico, e costituisce uno spaccato d'intensa veridicità sul dramma d'una terra presa fra più fuochi. Un periodo tormentato. La caduta dell' Italia Prime avvisaglie partigiane - foto Sollecitato da molti a narrare Utile le peripezie occorsemi durante la mia permanenza in !stria nel periodo in Citi incominciò a dominare il comunismo di Tito, non volli mai acconsentire, parendomi di voler acquistare la gloria di eroe o di martire; ora però che son passati più di undici armi dal mio rientro in Italia, quando sono già negli ottanta di età, mi decisi a scrivere soltanto affinché appaia chiaramente quanto il Signore mi protesse, credo per intercessione di Maria V. SS.ma e di S. Antonio, ai quali ogni giorno mi raccomandai. Anzi in riconoscimento di attesta protezione, regalai il terreno dove sorge ora la chiesa parrocchiale di S. Antonio in Bolghera. Avrei desiderato dedicarla alla Vergine (Virgo potens et clemens) ma considerando che in Trento esistono già alcune chiese dedicate a Maria Santissima e nessuna a S. Antonio, decisi che a quest'ultimo fosse dedicata. Ripeto che non scrivo per ricercare una nomea ma soltanto affinché si tocchi con mano quanto vale la divozione alla Madonna ed a S. Antonio. Prima parte Dal novembre 1927 mi trovavo a Pedena quale parroco, e poi, per decreto dell'Ecc.mo e Rev.mo Mons. Santin. Vescovo di Trieste, arciprete. Pedana giace quasi al centro dell'Istria ed è chiamata cittadina, non già pel numero dei suoi abitanti, appena 300, ma per la sua antichità. Infatti essa era un castellum romano ed è ancora in parte circondata da mura antichissime e da una porta d'ingresso, chiamata appunto Porta Romana. Verso l'anno 400 d. C. diventò sede di un piccolo Vescovado che si ricorda ancora, anzi il 30 dicembre di ogni anno si celebra la festa di S. Niceforo, secondo o terzo vescovo di Pedena, morto nel 464. Da Giuseppe II, il re sacristano, detto vescovado fu abolito; però restano ancora la chiesa cattedrale con sette altari marmorei, la sedia vescovile ed i sepolcri di numerosi vescovi tumulati quasi tutti nella navata principale o nelle due laterali. Pedena s'affaccia verso est sulla valle dell'Arsia dove lentamente scorre il fiume omonimo. Detta valle era fino al 1930-34 una laguna; ora, invece, per merito del fascismo che. facendo una galleria, portò l'acqua nel mare, è una ubertosissima regione. Verso nord-ovest invece si eleva l'altipiano istriano dominato verso Pedana dalla borgata di Gallignana, alta 100 metri più di Pedena e legata a questa con una strada provinciale tutta curve e zanche, lunga quattro chilometri. L'Arsia è alto 18 metri sopra il livello del mare e Pedana 365 metri. La Parrocchia di Pedana con circa 2.500 anime si estende soprattutto verso ovest dove vi è una chiesa cappellaniale dedicata a S. Caterina d'Alessandria distante 7 chilometri e con molte frazioni. A Pedena cittadina si parlava soltanto italiano veneto, mentre nelle frazioni si parlava generalmente la lingua croata, però infarcita di molti vocaboli italiani. Molte frazioni sebbene di lingua croata portano i nomi italiani, per esempio Mantovani, Medighi, Giganti, ecc. La gente è buona, brava lavoratrice dei campi e molto religiosa. Fatto questo preambolo per meglio capire i fatti, passo subito alla narrazione di questi. Il 26 luglio 1943 io mi trovavo a predicare il panegirico di S. Anna in una frazione della Parrocchia di S. Domenica, oltre il fiume Arsia, quando la radio annunziò che l'Italia aveva deposto le armi, e si era arresa all'esercito anglo-franco-americano. l') Tosto a piedi ritornai nella mia parrocchia che già conosceva la notizia. Il Corpo dei Reali Carabinieri che abitava una bella palazzina antistante alla Porta Romana, appartenente a mio nipote Aldo, si preparava a ritornare alle case paterne. Già dopo due giorni, incominciarono ad arrivare dalla via che da Pedana attraverso la Valle dell'Arsia porta a Fiume, gruppi di soldati e civili per dirigersi a Pisino, dove vi è la stazione ferroviaria che allaccia Trieste a Pola. Venivano dalle parti dell'Istria orientale, da Fiume. alcuni anche da regioni più lontane. A Pedena moltissimi furono alloggiati, rifocillati e poi continuavano il loro viaggio. Così fu per molti giorni. Soldati allo sbando L'8 settembre t943 festa della Natività di Maria SS.ma incominciò una nuova era. A Pedena detta festa, sebbene abolita si continuava a tenerla per divozione come festa di precetto. Stavo dunque celebrando la S. Messa cantata delle 11, quando apC) Si tratta invece della caduta del fascismo e della formazione del governo Badoglio. pena passata la elevazione, sento un rumore e mi sembra che tutta la gente esca di chiesa. Il suono dell'organo cessa e devo continuare la S. Messa in basso. Quando dopo la S. Comunione mi voltai a dire il Dominue vobiscum, vidi che in chiesa erano rimaste appena sei o sette persone. Terminato il S. Sacrificio, uscii anch'io sul piazzale antistante alla Porta Romana, vidi alcuni giovani rivestiti parte in civile, parte da soldati o da carabinieri, che distribuivano fucili tolti dalla caserma ed inquadravano giovani ed uomini. Chi erano? Erano i partigiani di Tito, che ostentavano la stella rossa sul berretto o sul cappello. Non si sapeva donde, venissero, perché erano stranieri. Fu subito formata' una compagnia, incominciata l'istruzione militare e messo a capo Attilio Marzini di Pedana, come il più aitante e forte. Qualche giorno dopo però, detto squadrone dovette partire per Pisino a 12 km da Pedena (cittadina di circa 4.000 abitanti e prima per importanza dopo Pola). Qui erano radunati molti partigiani e capo ne era un tal Matika, prima giudice italiano e poi capo supremo di tutti i partigiani titini dell'Istria. A Pisino sette abitanti di Pedena furono messi in prigione e cioè: Attilio ed Ettore Marzini, Aldo Rensi (mio nipote), Benedetto Massini, un carabiniere di cognome Amato sposato a Pedana, Cesare Monti e Luigi Gherbazzi. I due primi, cioè i fratelli Marzini, dal giudice Matika, furono condannati assieme ad altri 40 istriani fra i quali anche un sacerdote, ad essere fucilati e gettati in una cava di bauxite nei dintorni di Pisino. Altri due, cioè il carabiniere amato e Benedetto Massini furono rinviati a Pedena, ma appena ritornati furono nuovamente presi e fucilati dai capi partigiani. Vedendo come stavano le cose e, sapendo che mio nipote poteva pure esser fucilato da un momento all'altro, decisi di andare a pregare per la sua vita e libertà Pio Belanich che era capo dei partigiani di Pedena. Egli era appena uscito dal carcere dove doveva espiare per circa 12 anni la pena per un tentato omicidio. Il comando a un violento Ecco chi fu messo a capo; proprio uno dei peggiori tipi della campagna di Pedena. Ricordo che appena venni a conoscenza di detta elezione, dissi fra me: Povera Pedena in che mani sei caduta! Mi presentai dunque e chiesi di parlare col Belanich. Erano circa le ore 20. Egli sedeva a capo di un tavolo nell'osteria di Matteo Runco. Lo salutai più cortesemente che potei. Egli rispose con un grugnito. Gli esposi umilmente la mia domanda, cioè che mio nipote fosse liberato dal carcere. Egli si alzò furibondo dal tavolo e dardeggiandomi coi suoi occhi, incominciò a gridare: Come? e tu osi venir a chiedere la libertà di tuo nipote? Credi tu che siamo ai tempi di Mussolini, quando voi pretacci potevate comandare e fare quel che volevate? Adesso qui comanda Tito e sapremo bene mettervi tutti a posto. In quanto a tuo nipote che egli resti dove è, ma speriamo che fra qualche giorno non vi sarà più. Come? interruppi io, ritornerà a casa o sarà ucciso? A casa? rispose sghignazzando. Farà la fine di tanti altri fascisti. Scusi, ma egli non è fascista. Lo so, ma però trattava con essi, anzi quando poteva far loro qualche piacere, glielo faceva. E' tempo di terminarla con questi tipacci e speriamo di terminarla anche con voi, pretacci. E perché? Che male feci io al popolo? lo pure non sono fascista.. Tu sei peggio dei fascisti. Tu nelle tue prediche hai esaltato il fascismo, hai applaudito a Mussolini. Sta sicuro che lo so tutto, tu solo facesti più male che 100 fascisti. (continua)

Dal numero 2226

del 06/02/1982

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