ISTRIA La stazione a Visinada - FRATE FELICE - foto

foto Didascalie: La stazione un anno dopo la sua inaugurazione (1903): mi gruppo di signore in attesa La stazione intorno al 1925 Sosta di un treno per Parenzo nel 1930 La stazione vista dall'alto; dietro ad essa è visibile la casa Benedetti e la casa Populini; sulla sinistra casa e mulino Ferrena Casa e mulino Ferrena Resti del magazzino merci al km. 102 Edifici della stazione ripresi l'estate scorsa Abbiamo già presentato su questo nostro periodico. il magnifico volume monografico «La ferrovia T riee te-B u ie-Pa reri2,0» di Giulio Roselli, nel quale, oltre a tutti i problemi ferroviari dell'Istria e di Trieste, l'egregio autore con caldo sentimento tutto pieno di nostalgiche memoria, rifà la nascita, la vita e la fine del caratteristico trenino istriano a scartamento ridotto. Tutto preso dalla forte sua passione, talvolta, l'autore si lascia andare a qualche giudizio severo a causa della decretata avvenuta soppressione della «Parenzana», ma va giustificato per il grande amore ch'egli porta alla provincia natale e, come fu annotato di recente, per il provato «doppio rammarico per la soppressione di una linea così pittoresca e per la consegna ad altra nazione di terre che per secoli erano state profondamente italiane». A lavorare nella costruzione della strada ferrata, venne a prestare la sua opera di operaio, fra glì altri, il regnicolo, come allora si diceva, dalla Puglia, Pietro Loperfido, che traeva in isposa la visinadese Augusta Cociancich. Assolto il suo compito a Visinada, il Loperfido si trasferiva a Trieste, dove veniva occupato nei lavori di costruzione di altra opera pubblica, cioè delle dighe dinanzi al suo porto. I Loperfido ebbero quattro figli e di questi, una. l'Italia, andava sposa a Luigi Zerial, della nota famiglia costruttrice di mobili. Nei lavori ferroviari, proprio presso Visinada, ove si facevano brillare delle mine per poter collocare il binario entro una rocciosa trincea presso il passaggio a livello, avvenne un tragico incidente. Una mina scoppiò anzitempo e fu ferito gravemente ai piedi ed alle mani un operaio visinadese Angelo Dezzoni, che, ristatoilitosi, per la sua invalidità, si ebbe, poi, l'incarico di portalettere. Il libro del Roselli, come in precedenza il foglietto pubblicitario, s'abbellisce, sin dalla copertina e nelle due facciate, anteriori e posteriori, dell'entro copertina, di una rara e caratteristica immagine della stazione di Visinada, e di un treno, innanzi alla stessa, sin dai primi anni della istituzione della linea. Qui raffiguriamo anche noi, la stessa stazione, ad un anno dalla sua inaugurazione — nel 1903 — con un gruppo dí signore visinadesi in attesa, appunto, del treno. La seconda immagine ce la raffigura, invece, intorno al 1925. La stazione, posta sulla strada carrozzabile per Castellier e S. Domenica di Visinada, richiamò nelle sue vicinanze il sorgere di altri edifici. Così, nell'illustrazione che segue, rivediamo la stazione stessa, nel 1930, mentre un treno, diretto a Parenzo, è in sosta, o, forse già in partenza. Sulla destra della foto, al di là della strada, la casa bassa della famiglia Sferch (popolarmente di «Maria Piccola»), con la trattoria «Alla Stazione e buffet ai due gemelli», che poi erano i due figlioli Luigi e Giovanni Sferch. Sempre a destra, dietro a questa, la più alta casa dei Populini, costruita da Giuseppe Maruello, con l'aiuto di Antonio Clamar. Nella seguente immagine, ci si presenta nuovamente la stazione di Visinada, vista dall'alto, e dietro ad essa, sulla sinistra della strada, prima la casa Antonio Benedetti, e poi, più a sinistra, il complesso edilizio della casa e molino di Giovanni Ferrena; al di là della strada, di fronte alla casa Benedetti, quella dei Populini più su ricordata. La casa Benedetti fu costruita intorno al 1925, su progetto di Giuseppe Maruello e vi lavorarono da falegnami Simon Giromella ed Enrico Saba. Con degli appunti che, gentilmente, mi furono forniti, posso dare qui delle notizie precise circa il molino e l'abitazione contigua di Giovanni Ferrena, che qui, nella foto, sono rappresentati isolati, al di là della linea ferroviaria. Il complesso del fabbricato fu costruito in diversi anni. Il molino fu edificato sul finire della prima guerra mondiale, la casa ad esso vicina cominciò ad essere abitata subito dopo il 1925. In entrambe le costruzioni tu eseguito il progetto, interamente disegnato dal signor Giovanni Ferrena. I muratori del molino erano del Comune di Antignana, i fratelli Zlatich di Buie lavorarono per l'edificazione della casa, mentre la manovalanza fu di Visinada stessa. Le pietre da costruzione furono ricavate dalla vicina collinetta, che poi fu trasformata in vigneto di scelta uva da tavola. Il macchinario fu acquistato dalla Ditta Spangher di Capodistria, e dopo prove di collaudo a Capodistria stessa, fu trasportato a Visinada. 11 molino era a palmenti (macine Laferté), provvisto di tutte le diverse e necessarie macchine complementari. L'attività di questo utile complesso industriale durò per oltre trent'anni, e paesani e clienti, anche di fuori Comune, ne furono sempre soddisfatti. Durante la seconda guerra mondiale era prevista la sostituzione dell'impianto suddetto con un molino a cilindri, già acquistato a Udine dalla Ditta Candotti, ma le vicende postbelliche interruppero i già avviati lavori di smontaggio e non fu fatto nulla. Ecco ora raffigurati i resti del magazzino merci della stazione di Visinada, esattamente al km. 102. E come più sopra abbiamo visto naufragare nel nulla, per gli eventi postbellici ultimi, una più moderna e razionale sistemazione del molino Ferrena, così, alcun tempo prima — negli anni 1938-39 —fallirono i sani propositi coi quali si pensava di adibire a sede di una scuola materna da affidare alla allora esistente ONAIRC. Si erano raggiunti tutti gli accordi previsti per la cessione a tale uso degli edifici della stazione, erano stati approntati tutti i relativi progetti di necessaria trasformazione degli ambienti della stazione, ma per opposizioni di varia natura e diversamente interessate, la cosa fallì nel nulla. Ora gli edifici della stazione, ripresi l'estate scorsa, si presentano nel triste abbandono qui raffigurato. Con questa melanconica ultima immagine, chiudiamo questa nostra rievocazione ambientale. FRATE FELICE

Dal numero 1825

del 04/04/1973

pagina 101