Le pittrici polesi Ballarin e Kandus espongono alla Bevilacqua-La Masa Dopo un lungo periodo di maturazione, le due arti ste hanno definito nella mostra veneziana la loro personalità con tocchi ora marcati ora delicati - Steso Califfi - foto

- foto Didascalie. Ballarin «Gianni » Kandus: La Giudecca » Una vecchia aspirazione è stata finalmente soddisfatta con la mostra delle due pittrici polesi Jolanda Ballarin e Maria Kandue alla Bevilacqua-La Masa in Piazza S. Marco a Venezia. Si tratta di un progetto accarezzato da anni del quale ripetiamo finalmente possiamo annunciare la pratica realizzazione tosto assurta a franco successo. In eleganza di cornice ed ìn freschezza di partecipazione l'esposizione è stata inaugurata nel tardo pomeriggio di sabato 8 maggio. Le due pittrici concittadine hanno assolto ai doveri dell'ospitalità con grazia e piglio di distizione, costituendo un po' la logica premessa allo studio delle tele e degli acquerelli esposti. Ed è quanto ci accingiamo a fare, cominciando dalla Ballarin che presenta per la prima volta al giudizio del pubblico e Bella critica un panorama pressocchè completo della sua produzione. Sono del 1930 le sue prime tele, p, 'danti e come conformiste, anche nel Nudo ad ispirazione modernista, o nell'Autoritratto dichiarata!mente bozzettistico. Con Mia madre, che è del '37 e che si è meritato una menzione speciale alla Mostra di San Remo, la Ballarin fa il suo ingresso nel' mondo del ritratto, che un-1 cor oggi costituisce l'espresalone più fortunata della sua arte. L'impostazione specifica si consolida ancora con le tele del '40 e del '41, nelle quali s'intenI de una meraviglia e come una sorpresa del tutto soggettiva all'affacciarsi della pittrice al mondo dei colori. E sarà, ed è questa sorpresa» che da un lato la farà spesso tentennare dinanzi a paesaggi e nature morte, nel ritratto invece — immediata essendo la corrispondenza tra disponibilità del soggetto ed intuizione dell'artista — le conferirà una grande ragione d'onestà. Perciò I suoi paesaggi veneziani — Burane, Murano, S. Samuele — ci paiono diluiti, poco , penetranti, tali da far pensare ad un tentennamento , e ad uno scrupolo d'effu-1 sione. I bozzetti, invece 'forse appunto per la nera, maggiormente testimoniano, per le svelte pennellate che li compongono, di una ricerca di luce e di riflessi, e quindi di contenuto. Ne sono esempio Paesaggio veneziano e Bressanone del '53 ambedue. Tra le nature more i Fiori del '51, sono solo un tentativo che trova poi nelle due tele del '51 pur 'nella tonalità morandiana, un magggior riscontro di equilibrio e di obiettività. Ma nei recentissimi Fiori e in Natura morta del '54, il mondo della Ballarin si rinnova di una accentuazione colciristica dai contorni marcati, vivi, nervosi. Ma, ritornando al-ritratto, è qui che ritroviamo i frutti più veridici della concezione cui la Ballarin si ispira. Il ritratto della Ballarin fino al '52 è limpido, .realista, sfruttando una pennellata scabra che dona alla tela quanto di più generai:13-a s'agita nel cuore dell'artista. Il contatto, dicevamo, non ha intermediari, non necessità di cicli evolutivi. E ciò neppure può essere sempre un vantaggio, rammentiamolo. Ma la vivacissima Giapponesina ed il dia-(ano Gianni del '50 ci fanno applaudire a questa capacità d'immediatezza. Del '53 sono poi i veramente bei ritratti del pittore Cavalletto, il mobilissimo bozzetto del pittore Varagnolo, la sfumata e trasognante Giuseppina, la Mia madre dalla nobilissima impostazione. A partire dal '54, con Le lettrici, la -Figure e Signore al caffè, l'aderenza al soggetto si accresce, e si sveltiscono i toni e l'atmosfera s'ammorbidisce nei gialli e nei pallidi. Interessante è parso anche il Ri. tratto. in rosso, sempre del '54: un audace assaggio di colorismo futurista. Insomma davvero ha dei lo giusto il noto pittore Gastone Breddo nella bella presentazione parlando, a proposito della Ballarin moderna, di una schiarita benefica della sua tavolozza. E' una schiarita che ,accompagim ad una complessa situazione psichica in costante agitazione. Un solo incitamento, quindi, vorremmo,1dare Jolanda Ballarin; Vorremmo dirle che continui a credere al suo pennello ed alla sua Pupilla, chè non è mai tari di a riscoprire tutte le verità che ancora si nascondono nel suo cuore onesto e generoso. _ E continuando a parlare d'onestà e di generosità, con una manciata in più di nervoso trasalimento, eccoci dinanzi alle fragili carte dipinte di Maria Kandus, Ebbe ella ragione di tremare e di temere per i suoi tenui acquerelli posti ad impari contatto con gli olii della sua cara collega? Oppure fummo noi, che già la conoscevamo, a non temere d'aver ragione 'd'esprimere pronostico nien l'affatto negativo per questo contatto che, alla resa dei conti, non s'è palesato per nulla impari? Nell'intento di porre in risalto i poli estremi di una maniera di vedere il mondo, Bruno Saetti, l'ordinatore della Mostra, ha posto a diretto contatto di cornice una densissima Nebbia di Venezia bluastra con un freschissimo e coloritissimo Oriago . Giudichi l'osservatore, sembrava dire il confronto. Ma stonatura non ci fu. Così, la composizione tumultuosa di certe nature morte s'appoggia al pur quieto e tranquillo allineamento del soggetto. Cosi pure, inserendo nel leggiadro tratto dei fiori l'uso della tempera, la Kandue ama creare , un sottofondo denso e scrupoloso. Si teme talvolta di vedere il paesaggio sciaibamente dirigersi all'oleografia — Zattere, Redento, S. Giorgio — ma tosto talune impensate scoperte, alitentiche impennate di uno spirito mai in sosta, ci mantengono lontani dal pericoloso luogo comune. La liquidità del tratto ragmunge la sua massima intensità in Bolzano ed in Asolo , mentre in Cavalese la coerenza si sposa ella sfumatura con mirabili effetti, Il gruppo delle Belterine del '54 è molto in.eressante per originalità e per reale studio coloristico. Uno studio che attende sviluppo. Ma di una cosa ancora dobbiamo ringraziare la Kandus, di quell'ultimo acquerello ch'ella dipinge nel 1947 a Pela: si tratta di Fiori che raccolgono in un umile mazzo tutti i colori della nostra Istria, ingenui, freschissimi, composti in dolcissima e castissima estasi. Steso Califfi

Dal numero 918

del 19/05/1954

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