INCONTRI DI CASA NOSTRA DE MAINERI ANTONIO CATTALINI -foto

Ricorrendo il 40° anniversario del plebiscito di Fiume per l'Italia ed una serie di manifestazioni era stata indetta in molte città a cura dell'Associazione, allo Ne01,0 di ricordare il significato dell'avvenimento e di rapportarlo ai tempi attuali. Fiuti, i-Mi:trotta nella colmare sventura delle città dell'Adriatico Orientale, ha avuto però la fortuna — se così si può chiamare — di essere la più famosa di tali città. L'impresa dannunziana fu ed è tuttora di così grande risonanza mondiale (non importa se nelle esaltazioni e negli elogi oppure nella velenosa acidità delle critiche) che ha sempre portato nella sua scia il nome di Fiume. Pota, invece, ebbe il suo quarto <l'ora di celebrità nel 1947, ma in quel momento erano troppe le gatte da pelare per tutti e, di-conseguenza, l'ero del grande esodi, rimase circoscritto. Zara, poi, letteralmente scomparve nelle bombe e nelle macerie durante l'ultima e più convulsa fase della guerra, senza che nessuno, o quasi al difuori degli interessati, ne sapesse niente (oggi, bisogna dirlo sommessamente, tra parentesi, si ricordano e si celebrano gli episodi tra i più minuti della guerra partigiana e delle crudeltà naziste, ma degli episodi toccati a noi di città rase al suolo e di stermini di centinaia di innocenti nemmeno se ne parla per non urtare la suscettibilità del non impegnato» Tifo e dei sinistroidi delle più varie coloriture che gli fanno la corte). Riprendendo il filo interrotto del discorso iniziale, c'è ancora da dire, a proposito dei fluttuati, che essi hanno avuto o meglio hanno un'altra fortuna — e questa, si, che è un'autentica hanno quello che con gergo militaresco, si usa definire «spirito di corpO», sono legati, cioè, tra di loro motto di più che non gli zaratini ed i polesi, tra di loro. Uno degli anelli di questa indissolubile, fraterna unione, anzi l'anello principale, quello che sta al vertice della piramide, è doti. Arturo de Maineri, presidente del Segretariato nazionale delle Leghe fiumane, funzionante in seno all'Associazione. La scelta, per la verità, non poteva essere delle migliori. Per molti motivi. Ma procediamo con ordine, riallacciandosi al principio, laddove avevamo parlato del quarantesimo anniversario della storica data del plebiscito di Fiume per l'Italia. Fu in quell'occasione che ebbi la possibilità di «conoscere il dott. de Maineri. Per conoscere, naturalmente, io intendo non la stretta di mano convenzionale, perché quella c'era stata la prima volta, parecchio tempo innanzi, ma la comprensione del-ritorno, quando si trova il terreno favorevole per afferrarne gli aspetti salienti del carattere. Quell'occasione, come dicevo, la trovai a Gorizia nella circostanza della celebrazione della ricorrenza del plebiscito, fatta proprio dal dott. de Maineri giunto espressamente da Roma. Non noi soffermo stella completezza dei dati, sull'esattezza e sul successo della sua orazione, ma cercherò di rievocare l'atmosfera in cui ebbe a svolgersi quella celebrazione. Mancavano ancora due e più ore all'inizio della medesima che attorno alla persona del doti. de Maineri si era già stretta tanta e tanta gente: quasi tutti fiwitani, naturalmente, che desideravano salutare il loro Podestà di altri tempi (per riandare alla cronaca: dal marzo del 1939 all'agosto del 1943). Ora qui basta fare una semplicissima considerazione: un fenomeno comunismo del dopoguerra era stato, come tutti ricorderanno, quello della lanosa epurazione, che aveva provocato un atteggiamento di persecuzione o quanto meno di odio (legittimo od artefatto, a seconda dei casi dei luoghi) nei confronti di quelle Perso.e che avevano ricoperto incarichi di responsabilità sotto il passato regime. Nel caso del dott. de Maineri, invece, ebbi la netta sensazione del verificarsi del fenomeno diametralmente opposto a quello ora brevemente descritto: c'era quasi una gara da parte dei fiumani nel corrergli incontro e nel farsi riconoscere; ed una soddisfazione altrettanto viva nel potergli parlare, sia pure per brevi tramai e ricordare, o-grumo, un episodio, un fatterello, magari di piccolissima importanza. lo rimasi sorpreso nel constatare questa grande manifestazione d'affetto, genuina e spontanea, come poche altre alle quali avevo assistito; sorpreso anche perchè il nome del dott. de Maineri non era poi uno di quelli — ud almeno non mi era mai sembrato che fosse — magniloquenti di per se stessi, come, del resto era accaduto nei riguardi di altre persone nostrane divenute famose, per l'un verso o per l'altro, a seguito dei loro trascorsi dagli anni venti agli anni quarantacinque. Dopodichè mi venne naturale di pormi un'altra domarula: come mai allora — pensai dentro di me — se de Maineri non' è mai stato un 'imitatore, se attorno a lui non si è mai formata alcun mito, come mai la gente corre tanto numerosa da lui a salutarlo, a stringergli soltanto'« mano, senza nulla 1dtiedergti, quindi senza essere mossa da nessun impulso egoistico confini gente? Provai a fare, allora, una rapida indagine tra i fin-mani che conoscevo e, chiamalo qualcuno di loro un po' in disparte, impostai il discorso, girando un po' attorno all'ostacolo. Non mi fu difficile scoprire ben presto la verità. Arturo de Maineri era benvoluto ed amato non per la sua fama di pezzo grosso della città di Fiume sotto il fascismo, cioè non per quello che egli era stato, Ma invece per quello che era rimasto, al di sopra ed al di fuori delle ideologie e dei regimi: per la sua bontà, per ,1 il bene che aveva fatto e che il popolo ricordava. Quel giorno, al saluto dei suoi concittadini si aggiunse pure il saluto cordialissimo, suggellato da un abbraccio, dell'allora Sindaco di Gorizia dott. Ferruccio Bernardis: il Sindaco che abbracciava il Podestà, due vecchi amici che si ritrovano Arturo de Maineri ancora una volta si era posto a disposizione della sua gente, confermando dì appartenere anche Mi a quella categoria di persone che fa certe cose per vocazione. Categoria piuttosto ristretta, specie di questi tempi, in cui Urta categoria molto più vasta di persone fa invece quelle stesse oppure altre cose non per vocazione ma per ambizione. Essere stato infatti il vicepresidente nazionale di una associazione che da ima parte gli estremisti intemperanti di destra considerano conformista e serva del governo e dall'altra parte i più o meno sinistri o parasittistici considerano nient'altro che uno dei rigurgiti fascisti e naZionalisti da eliminare, non è ne facile rii; comodo. Moderazione, obbiettività e serenità di giudizio sono le tre qualità che più compiutamente caratterizzano l'indole di Arturo de Maineri: qualità che è di pochi possedere nella giusta misura e che spesso è difficile e scomodo usare, perchè bisogna scontentare un P.' tutti, senza accontentare nessuno. invece de Maineri è riuscito sempre — o quasi —ad accontentare e non a scontentare: quand'era Podestà a Fiume in uno dei momenti storicamente più delicati e quand'era direttore generale, dal dicembre 1938 sino all'esodo, della Raffineria Otii Minerali (ROMSA) di Fiume; e poi a Roma, sempre alle dipendenze della ROMSA e ad Augusta, presso la Raffineria RASIOM. Nell'espletamento di questi incarichi non solo si è fatto apprezzare ed altamente valutare per la serietà e per la profonda competenza del suo complesso lavoro, ma, nel settore specifico di quelle che sono comunemente chiamate «pubbliche relazioni» è sempre emersa con la massima evidenza la sua comprensione per i problemi umani e sociali. Tanto egli «sente. questo importantissimo aspetto della vita di oggi che ci risulta vi cí sia dedicato anche come autore, oltrechè conte attore: infatti sta per dare alle stampe Utili pubblicazione dal titolo «Relazioni pubbliche ed umane nella zona industrializzata di Augusta». Come autore, inoltre, il, dott. de Maineri ha scritto numeroso altro materiale ed in particolare uni volumetto sul plebiscito di Fiume, inchieste ed articoli su vari problemi giziliano-dalmati, prendendo pure parte al giornalismo attivo, tonto che ancore oggi è collaboratore della pagina sicittàna del quotidiano «Il Tempo» di Roma. E' suda questa sua versatilità ad avvicinarlo maggiormente alla gente ed a completare tuta personalità già cosi ben definita di UOMO profondamente legato al fascino della storia e delle tradizioni, ma nello stesso tempo quanto mai sensibile e capace di afferrare il significato dell'evolversi dei tempi, con tutto ciò che esso comporta. Al tempo in Cui era vicepresidente nazionale della nostra Associazione, prima che la sua attività nel settore dei petroli lo portasse lontano da Roma, abbiamo notato ed apprezzato (e ci piace dargliene atto adesso proprio perchè non lo facemmo allora) i suoi sforzi per tentare di superare gli incagli inevitabili nelle discussioni su problemi grossi; ed abbinino anche capito quanto. egli fosse non arrabbiato o contrariato, tuta semplicemente e sinceramente amareggiato, quando tali suoi tentativi non riuscivano ad approdare a buon porto. C'ero un dolore che traspariva con un'evidenza eloquente nei tratti e nelle espressioni stesse del viso: perchè de Maineri IMO di quei nostri maestri ed temici che conoscono per istinto e per ragionamento la strada per arrivare a quel lontano orizzonte che tutti noi vorremmo raggiungere, anche se con forniste diverse. Solo che de Maineri vorrebbe volare al di sopra delle piccinerie e dette meschinità che fanno parte del tessuto inscindibile della vita di ogni giorno: e per questo nel suo viso abbiamo notato più, di una volta quell'espressione' di amarezza, di tristezza ed anche di stanchezza, nella continua e spesso sfibrante alternativa tra la bellezza degli ideali ed il terra-terra delle umane vicende. Ma è inutile aggiungere che, pur nel tormento e nelle angustie degli scogli che bisogna superare, siamo con Irti nel disperato desiderio di quei volo.

Dal numero 1379

del 25/06/1963

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