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Didascalie:
Davanti la Rena tuto cressi coi ani... aprile 1937: taglia small; luglio 1962: taglia large; luglio 1987: taglia extra large
Fortezza veneta del 1500 tra mura e masiere a Cherso San Nicolò dei marineri
-Una immagine caratteristica dell'isola di Cherso, col samer in primo
piano nella localita di Vrana (foto inviata da Marino Coglievina)
Terza parte
Erano in quattro attorno a una conca, un mastel conpagno dei quei indove che i me fazeva el bagno de picia, piena di naridolee le stavano pulendo. In quel di Peroj stavamo cercando la chiesa di Santa Fosca per vedere gli affreschi del XII secolo e, tanto per cambiare, non riuscivamo a localizzarla. Approfitto per chiederne notizie ma tutti si mantengono sul vago. -Che bel che iera quando che iera i bumbari: per Santa Fosca se fasseva festa e se balava mi dice una donna mentre continua a pulire le naridole e sento nella sua voce il rimpianto. Un'altra si alza e ci accompagna iper un tratto: -Mi son de Fasana ma 'desso stago a Vicensa e così scopro che conosce uno dei miei cugini, a Vicenza pure lui. Ci mostra una stradina e ci infiliamo per perderci poi nei campi. Veniamo poi a sapere da un'altra persona che la chiesa di Santa Fosca ha fit tetto crollato e tutto è in rovina. Sarà vero? Rinunciamo perciò alla programmata visita e puntiamo verso Barbariga e le sue vestigia romane e i suoi castellieri. Quando io vedo su una carta stradale un percorso segnato di verde lo immagino —sempre — fiancheggiato da altissimi e frondosi alberi (come per esempio la strada che porta a Fasana). E siccome la strada per Barbariga risulta essere evidenziata con tale colore immaginavo già di immergermi nella frescura di un lunghissimo viale invece. causa lavori in corso, tutto era bianco polvere, bianco farina, bianco borotalco. Via-vai di scavatrici, di compressori. buche e fossati. Addio, Barbariga! Giriamo la prua e ce ne torniamo a casa. -Qua non ci trovano neanche il giorno del giudizio universaledico a mio marito mentre vaghiamo — sperduti — tra campi, siepi e boschetti. Dopo Cueuni e Cveki (quali i nomi italiani?) si siamo persi la svolta per Mutvoran, e ora? La fortuna aiuta gli audaci. Se ne stavano seduti tranquilli all'ombra di un rovere con la rilassatezza propria della gente di campagna che ha la capacità di godere appieno di una piccola pausa tra i lavori della giornata mentre le cicale impazzavano e il suono era tanto intenso da essere quasi tangibile. Mi avvicinai alla coppia dispiaciuta di disturbare la loro quiete e chiesi della strada per Mutvoran. L'uomo alzò su di me due occhi azzurissimi nel volto magro segnato da un reticolo di rughe e rispose: Morrnoran? là, drio quei alberi. Mormoran, capite, e non Mutvoran. Mormorano dalla triplice porta e dalle mura preistoriche. Mormorano piccolissima e quasi disabitata. Sul muro della chiesa tardoromanica di S. Maria Maddalena una rondine. una delle tante che saettavano attorno, era rimasta impigliata in una fessura e tentava, sfinita, di liberarsi. Troppo in alto per essere raggiunta con una scala, sembrava crocefissa sulla pietra. La chiesa era chiusa. Uno che stava travasando del vino sotto a un fresco pergolato ci informò cortesemente che la chiave l'aveva il nonzolo. Nonzolo? Tradurre. prego. comandò il consorte. Nonzolo eguale a sagrestano.. Chiaro, no? Il nonzolo, un vecchietto con una chiave stile San Pietro, fu cicerone eloquentissimo felice che qualcuno si interessasse alla sua chiesa. La chiesa è antichissima. ci disse. la più antica dell'Istria. Purtroppo. a differenza di molte altre che abbiamo visto, è in stato di abbandono e necessiterebbe di un buon restauro. L'interno si differenzia molto dallo stile solito: sull'altare maggiore vi è un polittico di legno policromo a mezzo tondo (pare che ne esistano solamente due eguali), una statua della Madonna (o Maria Maddalena?) vestita di raso bianco su un altare laterale e infine due pulpiti di legno che. secondo la nostra guida. venivano usati dai due celebranti in quanto lì c'era anche un rabbino. A conferma di ciò ci fece notare che sulla cornice di pietra che corre attorno alle due finestre della canonica vi e inciso uno stemma vescovile e la stella di David. E c'è pure uno di quegli anelli di pietra che accompagnò il nostro andar per l'Istria. Lo avremmo ascoltato ancora perché sapeva tante cose ma il tempo correva ed allora gli misi in mano, con riguardo, una mancia e ce ne andammo. Mentre stavamo allontanandoci In macchina ci raggiunse ciabattando e mi porse una cartolina del paese. Ne avevo già acquistata una a Krnicarea non ebbi il coraggio di dirglielo colpita dalla sua gentilezza.
Stamattina il mare è una laguna blu: si vedono ad occhio nudo le gobbe di Cherso e di Unis e l'isoletta di fronte al campeggio — liscia e tondeggiante — pare un pasticcino. Siamo in due: uno straniero, al largo, che nuota e canta ed io che ml accingo a fare il primo bagno della giornata —prima di colazione. All'improvviso — quasi a riva —una ruota argentea esce dall'acqua limpida compie due giri e sparisce. Sono sbalordita poi m, rendo conto che si è trattato di uno sciame di ipescetti. Mai visto prima, mai visto più dopo. Mio marito, da buon genovese, non ama eccessivamente il mare e preferisce fare il casalingo e starsene all'ombra dei pini; ha una passione però per la costa a ponente di Promontore, verso Fenoliga, dove abbiamo trovato bellissime grotte e grotticelle forse più bella della celebre Grotta dei Colombi a cui siamo arrivati dietro precise indicazioni del Sior Menin. Solo che ora la grotta è off limite in quanto vi è una cinta di filo spinato ed il solito cartello giallo con Vietato sostare, osservare, fotografare ma la mularia se buta lo stesso in testada, in pansada o in c...
I due campanili della chiesa di Medolino, bianchissimi, sembrano vele spiegate: sugli alberi che traboccano dagli orti matura una quantità enorme di amoli gialli di cui farei volentieri bottino. Lisignano. Sissano. Lo giriamo con occhio più attento dopo le amorose descrizioni fattene da Irma Sandri Ubizzo. Chissà che non sia la sua una di quelle voci che escono dagli usci aperti sui freschi cortili. La piccola chiesa è chiusa; la casuccia modesta ma di linee eleganti che vi sorge di fronte è salda e compatta come una fortezza ma desolatamente abbandonata.
Cherso. L'isola dei costruttori di muretti, l'isola della salvia, l'isola di sasso. Fermatici un attimo in un punto molto suggestivo dove alti alberi crescono e prosperano — non so come — tra massi biancogrigiastri dalle forme fantastiche modellate dal vento e dalla pioggia sento alle mie spalle una voce orrenda che niente ha di umano. Zompo di terrore e rapida giravolta. Una capra, più su, mi guardava curiosa. Non sarà mai dito che una cavia de Cherso gabi l'ultima parola con mi. e le rifaccio il verso; lei risponde e andiamo avanti per un po' sotto gli occhi divertiti di mio marito, Sicome che le cavie ne testarde la ga vinta ela. Ma ghe ne go dite! Entriamo in città attraverso la porta con il leone di S. Marco e ci avventuriamo nelle stradine inbobolate attorno al nucleo centrale dove sorge la chiesa gotico-rinascimentale di Santa Maria. Un delizioso palazzo gotico veneziano, la loggia. Il convento dei francescani fuori dalle mura. Nel chiostro, elegante, una lapide marmorea ricorda un Coglievina. Avevo trascritto l'epigrafe su uno dei miei tanti foglietti che non ho più ritrovato. Ossero. Il paese delle farfalle. Volteggiavano leggere nella piazzetta-gioiello dove prospettano la chiesa rinascimentale, la loggia e tante deliziose casette. Purtroppo nella piazza sono state inserite diverse fusioni in bronzo moderne che ne alterano la venezianità. Farfalle lungo il camminamento delle mura. E qui ho avuto la sensazione, stranissima, di essere già stata; di aver sostato su una di quelle panchine all'ombra degli alberi. E so che non è possibile, perché è la prima volta che vengo in questo luogo. E la stessa sensazione l'ho avuta a San Canziano, all'uscita dalle grotte, con il sole che filtra luminoso tra le fronde di un albero Immenso. Chissà! Cigale. la mitica. Me ne parlava con voce sognante, nei primi tempi dell'esodo quando la ferita era ancora aperta e sanguinante, una mia compagna di scuola. Cigale la bella, Cigale la dorata. Ed io mi ero ripromessa, se mai mi fosse capitato di andare a Lussino, di smoiarme a più non posso in quel mare. Ma il desiderio è rimasto tale poiché di quel mare prezioso se ne intravede soltanto qualche lampo azzurro tra lo sbarramento degli alberghi e delle case. Forse una strada, un sentiero, c'è ancora ma non avevamo il tempo per cercarlo.
Gloria Arvigo Collani