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Didascalia:
CAPODISTRIA. La loggia che D'Annunzio ha cantato in Alcyone. Ora non esiste più
Nella sala dell'Atena Veneto
nenia, pn,entato dal Preside comm. Jacopo Cella, il praie Francesco Semi, istriano, davanti a un pubblico nurnerusissimo, ha parlato per la Società Dante Alighieri di Gabriele D'Annunzio e la Ottanta Sponda. Accompagnando il suo dire con vedute dell'epoca. il Semi ha esurdito dicendo che, malgrado tutte le critiche negative, «muoiono gli dei e il Poeta resta.; e che un posto notevole della letteratura europea il D'Annunzio se l'è certamente guadagnato. Ha quindi delineato i motivi che hanno fatto del Ptscarese un filoirredentista; e li ha indicati anzitutto nella nativa passione per il man: che, fanciullo, lo portava a ainside-rare la Dalmazia, dirimpetto alla sua regione, come una terra sua, alla quale si sentiva piit unito che alla parte orinai unificata dell'Italia: fanciullo, Conte l'oratore ha documentato, il Poeta fece un viaggio a Selxmico, Spalato, Traù, che gli rimase perpetuamente lie, cuore; poi ha annoverato fra i motivi del suo filoirredentismo il .
daiiiio quotidiano all'epoca dell'Unite:si.. con Oberdan e i profughi triestini, qui Semi Ira letto un'appassionata pagina del Poeta sul Martire di Trieste.
Successivamente Francesco Semi ha ricordato il viaggio del Poeta tizi' 1902 a Trieste, Capodistria, Pirano, Paremo, Rovigno, Pola, Pilino, ricordando episodi e aneddoti, la mancata «Canzone dell'Istria., e leggendo la poesia La loggia: il conferenziere ha ricordato le sue ricerche per individuare la loggia can-rata dal D'Annunzio; che non è nè lo splendido monunx-nto del XV secolo, di Nicolo da Piran e Tommaso da Venezia, nè le logge dei Palazzi Tacco, Belli, del Bello, Carli, di Capodistria, ma, come gli aveva testimoniato il sindaco Niccolò de Belli, accompagnatore del D'Annunzio per le vie di Capodistria, la loggia d'una casa di fronte al molo della Purporella; casa demo.
lita nel 1936 per erigervi un edificio scolastico, che poi gli Slavi hanno aclattato a grande albergo. La notizia che la loggia dannunziana subito l'eliminazione. ha addolorato molti dei presenti, che poi hanno assediato l'oratore per chiedere teStintonianze e notizie, e purtroppo è così. Diamo la fotografia della loggia distrutta, assicurando che sul tema il Setni pubblicherà un articolo nelle .Pagine Istriane». La poesia dannuaziana è stata letta e attentatitente commentata dall'oratore.
Inutile descrivere ai nostri lettori il viaggio dannurrziano: è tenui che la stampa i, redentistica ha trattato più volte, ma che, avvivato dalle visioni dei luoghi che il Poeta visitata, ha suscitato »tolta .nozione nel p..., tra il quale erano notti profughi giuliani e dalmati. Verso la fine del suo di-...orso, Semi ha letto e commontato la canzone Per l'O: tata della Vittoria, e non stata questa, come quella della Loggia, la .1a lettura dannunziana che abbia arricchito la lezione, soffennandosi a dare le necessarie illustrazioni sulle località ricordale, specialmente su Zara, tanti, profondamente scolpita nel cuore del Poeta.
Ricordate le imprese di glterra, l'azione su Fiume, la reggenza del Carnaro, la beffa di Buccati, ecc., Senti, cui era stato detto che parlate della Quarta Sponda nell'opera dannunziana era core incedere per ignee doloso, s'è chiesto quale giudizio si possa dar di tutto ciò. Ed ha risposto senza esitazioni : il giudizio non spetta nè allo storico nè al critico letterario, che agiranno a loro temPo e nelle forme dovute; oggi il mimo giudizio può spettare soltanto allo psicologo, il quale potrà rispondere in uno di questi due modi: o il D'Annunzio fu mosso da schietto e semplice all'or di patria, o fu mosso da quell'egotismo di marca super-omistica, del quale, si noti bene, il D'Annunzio non ha mai fatto mistero; ma nell'uno e nell'altro caso si deve riconoscere la sincerità del Poeta, del quale è indubbia-Ornante sincera la stessa retorica. Il D'Annunzio che nella lettera ai Dalmati scrisse, ed era il gennaio 1919, «i più tristi errori potranno oppri. mare ma non distruggere il genio d'Italia diede una testimonianza superba del suo affetto per la Patria, anche quando scrisse, e quasi si confessò: «Domandai nel nome della volontà, e mi fu dato; nel nome della volontà d'amore, e mi fu risposto. Con una miracolosa trasfusione di vita, io vinsi la morte. D'ogni cosa è cagion l'amore.
Molti i profughi giuliani e dalmati che gremivano la sala dell'Ateneo Veneto, tra i quali l'avv. Giovanni Salghetti Drioli, l'avv. Ruggero Gherbaz, il comm. Giuseppe Duca, il rag. Francesco Mandi, il direttore didattico Achille Gorlato. Il prof. Senni è stato molto complimentato per la felice esposizione del «tema» da lui proposto, specialmente per il fatto che, dopo numerose e solenni commemora. zioni in onore di D'Annunzio, egli è stato il solo che abbia accomunato il Poeta alla I sua appassionata partecipazione alla Guerra del 1915-18 e al suo amore per le Terre della Quarta Sponda, delle quali, come ha rilevato l'oratore, ne fa cenno in gran parte delle sue opere: La Nave, L'Alcyone e altre. Nessuno degli oratori che lo hanno preceduto ha fatto cenno del Poeta Soldato e dell'Impresa di Ronchi.